Fotografei vocĂȘ na minha Rolleiflex...



Nel 1958, Tom Jobim e Newton Mendonça citavano la Rolleiflex nel brano manifesto della Bossanova, cantato poi dal mito Joao Gilberto, Desafinado.

Era un’icona, e a distanza di svariati decenni, con una produzione iniziata nel 1929 e protrattasi fino al secolo successivo, si Ăš partiti sin da subito con un prodotto praticamente giĂ  maturo ed efficiente, e continuano anche oggi a costruirle.

Prendere in mano oggi uno strumento del genere Ăš un’esperienza speciale anche per chi giĂ  ne mastica da tempo. 

L’ho sempre sognata, come appassionato sia di bossanova che di fotografia, sin da giovanissimo presi in custodia la Yashica Mat 124G di mio nonno per usarla (cosa che faccio anche attualmente).


Da pochi giorni perĂČ ho ceduto alla tentazione di acquistare una Rolleiflex, un modello accessibile economicamente e soprattutto funzionale.





Il feeling con uno strumento del genere Ú istantaneo ed incredibile. Il mio esemplare Ú una ROLLEIFLEX 3,5 B (K4 B), il Tipo I, prodotta dal 1954 al 1956 in condizioni funzionali pressoché perfette, nonostante i suoi 60 anni di vita, cosa che temo non potremo dire di nessuna digitale in futuro.

L’ottica di ripresa di questo modello Ăš un Tessar 75mm f 3,5, con una resa davvero bella, inciso ma progressivamente morbido nello sfocato, un piacere da usare. Qui trovate un po' di storia dei vari modelli con le rispettive caratteristiche.


Per caricarla bisogna avere l’accortezza di far passare la pellicola sotto al primo dei rulli, poi non serve allineare la freccia perchĂ© una volta agganciata e chiuso il dorso, basta avanzare finchĂ© non si ferma al primo fotogramma utile.


Il modello in mio possesso ha anche l’accoppiamento dei tempi e diaframmi per i valori di EV, per disaccoppiare basta tenere il dito sulla ghiera dei diaframmi mentre si muovono i tempi, mentre muovendo solo la ghiera diaframmi si modifica il valore EV sulla rotella dei tempi.

Ma la cosa che piĂč mi ha catturato Ăš stata la genialitĂ  progettuale del mirino a pozzetto, dopo aver sollevato il classico lentino per mettere a fuoco con piĂč precisione, abbassando lo sportellino frontale si ottiene un mirino reflex.
Ok non Ăš cosĂŹ semplice da usare, si vede capovolto e ci si muove “al contrario” nel mondo dello speculare, ma si fa lo stesso, e funziona.

Altra piccola cosa che ne mette in evidenza la qualitĂ  progettuale. Il pulsante di scatto ha una corsa minima, non costringe a premere a fondo per far scattare il silenziosissimo otturatore centrale.

Le TLR hanno un loro fascino specifico, sistemi chiusi che emotivamente tolgono quell’ansia da copertura dei corredi modulari e fanno sin da subito pensare alle fotografie da scattare. 



Dopo questo primo impatto entusiasmante credo che mi ci dedicherĂČ parecchio, fotografia pura.

A voi alcuni scatti fatti il giorno dopo l'acquisto su Hp5 e Fp4 sviluppate in LC 29 (1:19)


















© Renato Greco - Marzo 2017


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